L’autoabbandono: come farsi del male senza neanche accorgersene

L’abbandono di se stessi rappresenta una pratica parecchio diffusa. Questa condizione porta a un progressivo allontanamento dalle proprie esigenze, convinzioni, emozioni e a un conseguente stato di inappagamento e frustrazione. Nella maggior parte dei casi, però, non ci rendiamo conto di mettere in atto dei comportamenti volti a danneggiare la nostra persona, a condannarci all’infelicità. A che genere di condotte occorre prestare una particolare attenzione? Che tipo di segnali si dimostrano a tal riguardo rivelatori?

In primis, gli individui che si lasciano troppo andare appaiono molto sensibili alle pressioni sociali. Assecondare le aspettative di chi si ha attorno anteponendo il volere degli altri o il “tutti lo fanno” a ciò che sul serio si desidera alla lunga non può che procurare sofferenza. Cerchiamo, dunque, prima di prendere un’importante decisione di capire se a spingerci in una certa direzione è quello che davvero agogniamo o quanto auspicato dalla cerchia a cui apparteniamo. 

I sopracitati soggetti tendono, poi, a non assumersi le responsabilità dei fallimenti incassati. Tale attitudine porta gli “inerti” non solo a utilizzare spesso degli alibi volti a giustificare il mancato raggiungimento di un determinato obiettivo, ma pure a rimanere incastrati in un infruttuoso stato d’indolenza. Riconoscerci il merito delle conquiste ottenute e la colpa degli insuccessi riscossi costituisce il difficile, ma promettente inizio di ogni percorso di miglioramento personale.  

Gli individui che adottano un atteggiamento simile appaiono, inoltre, inclini agli eccessi. La frustrazione e l’insoddisfazione derivate dalla condizione di insofferenza patita danno di frequente il là a delle risposte di carattere compensatorio poco sane. Se ci accorgiamo, quindi, di mangiare ben oltre il necessario, di spendere cifre astronomiche in futilità o di bere tutte le sere fino a ubriacarci dovremmo seriamente indagare sul perché di queste smodate e lesive prassi. 

Quelli che si lasciano andare troppo mettono, poi, sovente in pratica delle condotte di evitamento. I summenzionati soggetti per sfuggire alle sgradevoli sensazioni che li affliggono cercano di anestetizzare la mente concentrando l’attenzione su qualcosa di molto meno gravoso. Non affrontare il disagio sopportato schivandolo in maniera sistematica ci pone al riparo da ogni possibile insuccesso, ma ci tiene altresì bloccati nella spiacevole situazione di afflizione sperimentata. 

Gli inclini all’adozione dei sopracitati comportamenti perdono, infine, spesso di vista i propri valori. La prolungata mancanza di contatto con se stessi conduce, infatti, gli “inerti” a confondere i precetti che sposano con le credenze sostenute, invece, da parenti e conoscenti. Capire se il cambiamento di certe idee risulti imputabile alle esperienze maturate col tempo o alla volontà di assecondare chi ci circonda si rivela essenziale per accrescere la nostra autoconsapevolezza.

L’”abbandonarsi” rappresenta una pericolosa quanto subdola tecnica di sabotaggio. Stare ai margini di un’esistenza che si vive solo da spettatori ci tiene alla larga da qualunque tipo di rischio e fatica, ma pure dalla gratificazione che deriva dalla conquista di un obiettivo ambizioso. Analogamente accusare il destino, la politica o la famiglia dei fallimenti riscossi non lascia spazio alla colpa, ma neanche alla soddisfazione di avercela fatta nonostante le difficoltà. Per essere felici bisogna impegnarsi, ricordiamocelo! 

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Noemi Servizio