Il coaching nella vita di tutti i giorni

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Un approccio evoluto, armonico e integrato per superare le piccole, grandi difficoltà giornaliere

 

Tratto dal libro di Paul Watzlawick ”Istruzioni per rendersi infelici”, consideriamo il seguente brano.

Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo, ma non il martello. Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e di farselo prestare. A questo punto gli sorge un dubbio: E se il mio vicino non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l’ha con me. E perché? Io non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in testa qualcosa. Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito. E perché lui no? Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere? Gente così rovina l’esistenza agli altri. E per giunta s’immagina che io abbia bisogno di lui solo perché possiede un martello. Adesso basta! E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e, prima ancora che questo abbia il tempo di dirgli “buon giorno”, gli grida: “Si tenga pure il suo martello, villano!

A volte siamo (o ci mettiamo) in situazioni difficili e dopo un po’ di tempo la situazione è diventata insostenibile. All’inizio sembra solo una difficoltà, poi si tramuta in un vero e proprio problema, proprio perché non siamo corsi ai ripari in tempo. Senza trascurare la tendenza tipica di ogni sistema complesso sottoposto a pressioni esterne, cioè di resistere al cambiamento, il più forte e il più a lungo possibile.

In questi e in altri casi, può essere utile rivolgersi a un Coach, un professionista che sia in grado di miscelare più modelli e tecniche, armonizzandole e integrandole tra loro.

Se l’uomo del racconto di Watzlawick si fosse rivolto a un Coach, quest’ultimo forse avrebbe cominciato chiedendo: “Cosa esattamente le ha fatto venire il dubbio che il suo vicino non volesse prestarle il martello?”
L’uomo: “Eh, gliel’ho detto, l’altro giorno mi aveva salutato appena…”
Coach: “E quindi?
Uomo: “Penso che sia cambiato qualcosa, prima mi salutava con calore…”
Coach: “Quante volte è successo che il suo vicino l’abbia salutata in modo che lei definisce ‘poco caloroso’?”
Uomo: “Una sola volta, l’altro giorno…ora che ci penso…”
Coach: “E le basta una volta per collegare quel comportamento a qualcosa di negativo?
Uomo: “Forse ha ragione…”

Magari avrebbe proposto un vero e proprio “esperimento” (ad esempio “…da oggi in poi, fai xyz e vedi cosa succede in te, nel tuo vicino e nella relazione tra di voi”), tecnica dell’Approccio Strategico.

Oppure il Coach avrebbe estratto insieme al cliente i cardini del circolo vizioso nel cui si era messo e da quel momento in poi, il colloquio sarebbe andato verso l’esplorazione di “cosa-fare-invece-di-scatenarsi-nel-pensiero-negativo-auto-generato”, data la nuova consapevolezza dell’uomo del racconto aiutato da un abile Coach.

È solo un esempio, per intervenire potevano esserci tanti altri modi, in base allo svolgimento del dialogo, alla relazione e alla sensibilità del Coach. L’ideale sarebbe che il Coach usi un approccio evoluto, integrato e fluido, privo di percorsi preconfezionati e dei condizionamenti che vengono dall’utilizzo di un unico modello.

 

 

Mario Maresca