PNL: vizi e virtù pt.1

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La letteratura sulla PNL nel corso soprattutto di questi ultimi anni si è davvero sprecata. Libri, articoli, pubblicazioni e saggi di qualsivoglia tipo si sono succeduti a ritmo incalzante lasciando il non sempre espertissimo lettore il più delle volte assai perplesso. Sostenere, infatti, che le opinioni riguardanti la Programmazione Neuro-Linguistica siano contrastanti è dir poco. C’è chi la considera la panacea di tutti i mali, l’efficace e pronta risposta ad ogni problema. Più breve e pratica di una psicoterapia, la PNL ti cambia la vita. Alcuni sono decisamente più cauti e la reputano utile solo sul breve periodo, altri, invece, la ritengono manipolatoria se non addirittura pericolosa.

Dov’è la verità? Come sempre si trova nel mezzo.

Iniziamo con il modeling. I teorizzatori della PNL, Bandler e Grinder, hanno individuato in Pearls, Erikson e Satir dei modelli di successo e ne hanno pertanto estrapolato le prassi vincenti applicandole alle più svariate situazioni. La generalizzazione viene però ritenuta dall’approccio stesso causa di grossolani fraintendimenti e quindi ciò che è ipotizzato prima non viene messo in pratica poi, generando così un’incoerenza di fondo se non addirittura un errore concettuale. A questo si aggiunge l’assoluta pragmaticità dettata dal ripetere uno standard preconfezionato che certo fa risparmiare tempo e fatica, ma forse rende anche l’esperienza dell’apprendimento più asettica e quindi meno vissuta.

Concetti come quelli di calibrazione, ricalco e rapport sono di sicura presa e la semplicità con cui vengono esposti e spiegati ne consolidano la forza. Andiamo ad analizzarli nello specifico. La calibrazione è il modo in cui ci mettiamo in contatto con l’altro adeguandoci alla sua comunicazione. Con il ricalco si raccolgono informazioni sull’interlocutore, si viene quanto più a conoscenza del suo modo di intendere il mondo, dei suoi riferimenti procedendo al suo stesso passo. Solo una volta che si è stabilito questo rapport costituito da comprensione ed intesa reciproche si può tentare di far accettare all’altro le proprie opinioni.

Ecco, raccontate in questi termini le relazioni interpersonali apparirebbero estremamente semplici da gestire, troppo semplici! Evitare di prendere in esame le molteplici variabili che intervengono nel processo di comunicazione senz’altro facilita l’applicazione di un metodo, ma allontana anche tale sistema dalla realtà. La PNL, ad esempio, sembra non tenere assolutamente in considerazione l’ambiente circostante e pone chi interagisce in un non meglio precisato qui ed ora  privo di contesto e senza tempo. E’, infatti, sempre possibile sottrarsi ai condizionamenti sia interni che esterni che premono su ciascun individuo? In ogni situazione? Con qualsiasi persona?

Per quanto riguarda la definizione dell’obiettivo che si vuol raggiungere, la PNL si serve di domande critiche puntuali ed opportunamente indagatorie. In particolare, il set di quesiti utilizzato per delineare quanto più precisamente i contorni del goal ricorda molto da vicino lo schema SMART. Infatti, se da una parte si chiede di rintracciare i parametri secondo cui si saprà se l’obiettivo è stato più o meno centrato, dall’altra c’è la “misurabilità” del goal stesso (la M di SMART appunto); ancora, alla ricerca della consapevolezza di quanto sia sotto la propria sfera di controllo fa eco la “raggiungibilità” (ovvero la A di achievable presente nell’acronimo) di ciò che si desidera ottenere; infine c’è il tempo, variabile di imprescindibile importanza per entrambi gli approcci (la T finale della sigla).

 

 

Noemi Servizio