PMI: la situazione attuale pt.2

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Il tessuto imprenditoriale italiano è ancora vitale, con segnali di tenuta nelle sue componenti giovanili, femminili e negli immigrati.* E’ soprattutto grazie al loro contributo che il 2013 si è chiuso con un, seppure modesto, saldo demografico delle PMI in attivo. Questi positivi risultati vanno però supportati e incentivati, affinché non restino sottocapitalizzati e relegati in aree di mercato a basso valore aggiunto e a scarsa produttività. In particolare, si dovrebbe intervenire per sostenere:

1) Le imprese femminili. La valorizzazione delle donne all’interno dell’industria è una leva importante per la crescita e lo sviluppo del Paese, specie a seguito di una prolungata fase di crisi economica. Inoltre, le attività in “rosa” nel 2013 presentano un tasso demografico quasi tre volte più grande della crescita media delle imprese italiane.

2) Le imprese giovani. Le aziende guidate dagli under 35 anni, pur rappresentando nel 2013 poco più del 10% di tutte le imprese oggi iscritte alle anagrafi camerali, contribuiscono per oltre il triplo di questo valore (circa il 34% nel 2013) all’afflusso di nuove forze imprenditoriali nel tessuto economico del paese.

3) Il contributo degli immigrati. Le difficoltà legate al reperimento di un lavoro dipendente e alla necessità di stanziarsi in Italia, hanno convinto gli extra-comunitari ad assumersi il rischio di un’attività in proprio. Nel periodo 2009-2013 a fronte di un calo del 4,4% del numero di imprese gestite da connazionali, si è registrato un pari aumento di quelle condotte da stranieri.

4) La crescita del no profit. Questo settore è in crescita, in quanto risponde ad esigenze ineludibili della popolazione (come quelle, ad esempio, connesse all’invecchiamento). L’impresa sociale, inoltre, si dimostra il tipo di contenitore professionale più adatto ed incline ad impiegare donne, giovani, immigrati e disabili.

5) Le imprese cooperative. Questo genere d’organizzazione riesce a coniugare in forma moderna gli aspetti legati alla persona con quelli più tipicamente industriali attraverso un coinvolgimento individuale capace di valorizzare il mondo artigiano. Alla fine del 2013 le società cooperative iscritte all’Albo del MiSE erano circa 100.000.

L’indicatore statistico delle principali classifiche internazionali analizzate, che fa scivolare molto spesso l’Italia in coda alla graduatoria dei Paesi, mostra due fattori a cui è necessario prestare attenzione: la complessità degli adempimenti e il peso del carico fiscale.

Secondo la Banca Mondiale in Italia per rispondere alle incombenze fiscali le società impiegano 269 ore all’anno contro le 179 ore spese in media da un’impresa europea. Nel 2013 la pressione fiscale ha toccato la quota record del 44,3% e nell’ultimo Rapporto della Banca mondiale, “Doing Business 2014”, i parametri relativi alla tassazione fotografano una situazione in peggioramento (il Belpaese si piazza al 138° posto in una classifica che conta 189 paesi e perde 3 posizioni). Condizione confermata dal Rapporto “Paying Taxes 2014”, curato sempre dalla Banca Mondiale, dove l’Italia è il fanalino di coda in Europa per carico fiscale e adempimenti.

La “qualità delle imprese” italiane così come attesta il The Global Competitiveness Report 2013-2014 appare comunque essere alta (sono al 2° posto nel mondo). Tuttavia l’Italia viene annoverata tra i paesi europei con maggiori criticità (Spagna, Italia, Portogallo, Grecia), in quanto dopo un lieve miglioramento, gli indicatori che ne denotano l’andamento generale sono tornati a scendere. Le difficoltà maggiori riguardano la rigidità del mercato del lavoro, 137° posto, la criminalità organizzata e le interferenze nel sistema giudiziario che determinando un incremento delle spese e delle inefficienze produttive influenzano negativamente la fiducia degli investitori (102° posto).

Come abbiamo visto per le PMI i passi da compiere in direzione di una maggiore efficienza sono diversi, ma avere identificato gli aspetti cruciali delle sopra discusse complicazioni può già rappresentare un buon punto di partenza. Senza lasciarsi sopraffare dalle paure e dalle cattive abitudini che caratterizzano il modus operandi italiano, è importante concentrarsi su ciò che realmente può supportare e facilitare il lavoro delle imprese nazionali rendendole più competitive e funzionanti. La strada da intraprendere è impervia, ma vale la pena percorrerla.

 

 

Noemi Servizio

 

*Tratto dalla RELAZIONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle Imprese”, Roma 06/02/2014