Lo stress lavoro-correlato in Italia

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Ricerca Regus

Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro flessibili, ha svolto una ricerca sullo stress in oltre 100 paesi, coinvolgendo 22.000 manager e professionisti.  Per quanto riguarda il nostro Paese le cause del malessere sono divergenti: oltre all’instabilità del posto di lavoro (al 30% contro il 15% della media globale), molti fastidi sono addebitati alle tecnologie obsolete e inaffidabili (il 30%), alla carenza di personale e collaboratori (il 27%) e alla scarsa flessibilità degli orari e dei luoghi di lavoro (il 15%). Fuori dall’Italia – dove probabilmente la dieta e la logistica mitigano questo aspetto – la prima causa di stress sta nella mancanza di esercizio fisico e di cibi salutari (al 21%); gli italiani posizionano questo aspetto al quarto posto, ma il suo peso è maggiore (il 26%).

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Forse, anche se può apparire un paradosso, lavorare fuori dall’ufficio avendo a disposizione orari più elastici, permetterebbe di migliorare le cose mitigando la routine quotidiana. Il 74% degli intervistati (il dato italiano è del 73%) ritiene che un cambiamento di scenario, per quanto riguarda la varietà degli ambienti lavorativi, rappresenti, infatti, un piccolo sollievo. Inoltre, il 61% degli italiani (la media globale si attesta sul 59%) pensa che chi opera con più flessibilità riesca a raggiungere un equilibrio tra vita professionale e privata più soddisfacente.

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Sondaggio EU-OSHA

Un sondaggio europeo condotto nello stesso periodo (2014) dall’EU-OSHA ha, invece, evidenziato tra le cause più comuni dello stress lavoro-correlato: la riorganizzazione del lavoro (per il 72% dei lavoratori), le ore trascorse in ufficio o il carico di lavoro eccessivo (per il 66%), l’essere oggetto di comportamenti inaccettabili come mobbing o molestie (per il 59%). La stessa ricerca ha, poi,  evidenziato che circa quattro lavoratori su dieci pensano che lo stress non venga gestito adeguatamente sul proprio luogo di lavoro. Il 50–60% di tutte le giornate lavorative perse è, inoltre, riconducibile allo stress lavoro-correlato e solitamente queste assenze tendono a essere più lunghe di quelle derivanti da altre cause.

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Ricerca De Carlo & Falco

I dati emersi dal sondaggio condotto dall’EU-OSHA riportano, in maniera più precisa e rigorosa, quanto già presentato nella ricerca di De Carlo e Falco del 2010. Le determinanti dello stress, secondo i due studiosi, sono, infatti, da ricercare tra i seguenti fattori scatenanti: la mole di lavoro eccessiva, la pressione esercitata dai superiori, la conflittualità con i colleghi, l’ambiente di lavoro poco confortevole, il ruolo indefinito o inadeguato, gli spostamenti frequenti, il mobbing subito.

 

Come mai il problema dello stress è tanto sentito? Quanto costa all’organizzazione un lavoratore stressato?

  • In Italia lo stress comporta la perdita per malattia di 30 milioni di giornate di lavoro all’anno. Tali assenze gravano sull’impresa per circa 3 miliardi di euro.
  • Il progetto Fiaso condotto nelle aziende sanitarie italiane, ha mostrato che facendo scendere il numero degli stressati sotto la soglia del 10%, la produttività dei lavoratori cresce di oltre il 27% e l’indice di gradimento dei clienti sale di 47 punti percentuali.
  • In Francia lo stress lavoro-correlato causa alle aziende delle perdite che si aggirano sui 2-3 milioni di euro annui. In Gran Bretagna questa cifra raggiunge i 10 milioni.
  • In Europa l’assenteismo dovuto allo stress si traduce in una perdita di produttività che si stima intorno ai 136 miliardi di euro all’anno. La spesa per curare la depressione dovuta al lavoro ammonta, inoltre, a circa 617 miliardi di euro.
  • In generale si ritiene che i costi diretti legati allo stress sul lavoro nell’Ue raggiungano il 4% del PIL.
  • Lo stress costa alle imprese statunitensi qualcosa come 300 miliardi di dollari annui e le spese sanitarie profuse per i lavoratori che riportano livelli di stress alti sono superiori a quelle impiegate per i loro colleghi del 46%.

Gli studi condotti sullo stress, seppur qualche volta non in completo accordo, mostrano alcuni fattori sui quali è possibile intervenire con una buona ed efficace formazione. Infatti, se in certi casi come per l’instabilità del lavoro o il viaggio casa/ufficio, né l’azienda né il consulente possono fare molto; per quanto riguarda, ad esempio, il ruolo poco definito o la conflittualità con i colleghi, è, invece, possibile agire in maniera importante. Un training specifico potrà, infatti, non solo aiutare i capi a gestire in maniera più capace i collaboratori, evitando di pressarli o di caricarli di una mole di lavoro eccessiva, ma anche sensibilizzare l’intera organizzazione nei confronti di tutte quelle disfunzioni tecniche e gestionali che compromettono il benessere delle persone. Quanto richiesto dai lavoratori non è difficile da realizzare; basta solo essere consapevoli di ciò che succede e volerlo (realmente) cambiare.

 

 

Noemi Servizio