Il people pleasing: quando lo stress è autoinflitto

Lo stress rappresenta un disturbo assai subdolo in grado di assumere declinazioni molto particolari. Una di queste si rivela senza dubbio il people pleasing ovvero il desiderio di compiacere chi ci sta attorno fino al punto da tralasciare le esigenze e i bisogni nutriti. Detta mania oltre a procurare ansia e malessere nasconde anche importanti traumi pregressi. Quali problemi irrisolti cela la summenzionata condotta? A che tipo di necessità risponde un comportamento così lesivo?

Le radici di un simile modo di fare vanno, nello specifico, ricercate nell’infanzia dei “condiscendenti”. Le persone che palesano la sopracitata tendenza si configurano sovente come degli adulti vittime in tenera età di grosse frustrazioni emotive. Ad esempio, di fronte a un pianto disperato il genitore accudente potrebbe aver reagito in maniera troppo oppressiva o del tutto indifferente. Feed-back del genere, una volta appresi, si dimostrano, dunque, capaci di generare l’erronea convinzione secondo cui quanto richiesto risulta eccessivamente pretenzioso.

Detta credenza porta di frequente gli “accomodanti” a tentare una difficile conciliazione tra le proprie urgenze e le altrui pretese. Dato che riuscire a trovare un equilibrio stabile e appagante tra le due parti in causa appare non di rado assai complicato, i desideri dei people pleaser sono di consueto accantonati a favore delle istanze avanzate da parenti e amici. Assumere una condotta tanto mortificante e servile si rivela deleterio sia per la soddisfazione dei “compiacenti” che, e ancor di più, per il benessere mentale esperito da quest’ultimi.

Se si percepisce quanto voluto come esagerato risulterà, inoltre, senza dubbio lecito mettere in atto comportamenti volti a compensare tale riprovevole eccesso. Il senso di colpa rappresenta, infatti, un vissuto ben noto ai “condiscendenti” i cui tentativi di affermazione personale vengono subito bloccati da un forte e invadente senso di autoammonimento. L’incapacità di dire di no a chi gli sta accanto costringe i sopracitati soggetti a sacrificarsi per accontentare familiari e colleghi rifuggendo così il terribile disagio legato alla presunta disapprovazione provocata.

A limitare la volontà di imporsi di simili individui subentrano, quindi, ulteriori ostacoli emotivi. La paura del rifiuto, ad esempio, spaventa gli “accomodanti” e li induce spesso ad assumere degli atteggiamenti che non gli appartengono pur di non deludere le aspettative sociali. Di frequente, poi, i “compiacenti” non amano contraddire e litigare. Sostenere le proprie posizioni esige, in effetti, non solo la forza di argomentare le opinioni sposate, ma anche e per lo più di aprirsi a un confronto in grado di generare non di rado dissapori tra le parti coinvolte.

Per rompere il circolo vizioso in cui i “condiscendenti” si ritrovano intrappolati occorre colmare l’assenza di autoconsapevolezza di cui soffrono. Sapere quando e come scattano i meccanismi che li portano a reprimere le urgenze percepite per assecondare le pressioni provenienti dall’esterno permetterà, dunque, ai summenzionati soggetti di gestire meglio l’impasse patita. Analogamente, sottrarsi alle richieste troppo onerose e pretenziose consentirà a tali individui di assaporare l’assoluto piacere derivante dal rispettare i bisogni avvertiti e dal prendersi cura di sé.

Lo stress procurato da una condizione del genere si dimostra davvero difficile da sopportare. Anteporre sempre la volontà degli altri alla nostra appare, inoltre, un’arma doppio taglio: ci farà passare per donne e uomini concilianti, ma pure influenzabili e deboli. Impariamo, quindi, a trovare il giusto equilibrio tra disponibilità e servilismo, tra gentilezza e adulazione perché non è possibile piacere a tutti e di sicuro un atteggiamento tanto passivo non ci porterà a guadagnare punti.

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Noemi Servizio