I bias d’esperienza

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“Le mie percezioni sono accurate.”

Il cervello umano si è evoluto in modo tale da considerare le proprie percezioni come autentiche e complete. In altre parole, le persone tendono a pensare che quello che vedono rappresenti tutto ciò che c’è da vedere e che quanto osservato corrisponda alla realtà. Tale modo di fare trascura però la vasta gamma di processi che all’interno del cervello intervengono per costruire uno specifico vissuto della realtà. Le aspettative, le esperienze, la personalità e lo stato emotivo possono, infatti, alterare le percezioni di quanto avviene attorno.

I bias d’esperienza sono particolarmente dannosi quando generano incomprensioni tra individui che lavorano insieme. Se si è convinti di cogliere la realtà esattamente per come è, inevitabilmente tutti gli altri modi di intenderla saranno ritenuti non corretti o falsati. Il neuroscienziato sociale Matthew Lieberman ha notato che quando due persone pensano ciascuna che l’altra sia pazza, mediocre, stupida, giudicante, disonesta o pigra, prendono forma spesso sul posto di lavoro dei pregiudizi.

E’ molto difficile convincere qualcuno di essere incappato in un bias d’esperienza e nella possibilità, quindi, di fare delle considerazioni erronee. Questi pregiudizi sono simili alle illusioni visive – anche se si capisce logicamente che quello che viene visto non è reale, l’esperienza di quanto osservato rimane potente. Può risultare facile identificare i bias negli altri, ma non avviene lo stesso quando a essere messe in discussione sono le tue di percezioni (bias del punto cieco). Si potrebbe anche cadere vittima dell’effetto del falso consenso: si sopravvaluta la misura in cui gli altri ti si mostrano d’accordo o la pensano allo stesso modo. Ad esempio, se si preferisce il gelato alla vaniglia a quello al cioccolato, si rischia di credere che la maggiore parte delle persone manifesti il medesimo gusto. Coloro che prediligono il cioccolato, allo stesso modo, possono supporre di essere i più numerosi. In un contesto organizzativo, questa assunzione può portare a inutili conflitti, soprattutto se il leader presume che in molti approvino ciò che fa e prende poi delle decisioni di conseguenza.

I bias d’esperienza spesso si manifestano quando si tenta di influenzare l’interlocutore o di supportare un’idea. Durante una chiamata di vendita, ad esempio, potresti non renderti conto di quanto gli altri, a differenza tua, siano poco entusiasti del prodotto che stai promuovendo. Quando si effettua una presentazione, poi, c’è il rischio di dimenticare che chi ascolta non conosce il contesto. Se sei un dirigente che spinge per un grande cambiamento organizzativo, potresti non accorgerti che gli altri non lo condividono o che nutrono a proposito delle legittime preoccupazioni.

Per ridurre al minimo l’influenza dei bias d’esperienza è possibile, ad esempio, promuovere delle prassi che mirino a valutare abitualmente anche le opinioni di chi non fa parte del team o partecipa al progetto. Altre tecniche comprendono il riesaminare le idee dopo una pausa per considerarle sotto una luce nuova e diversa o il prendersi del tempo per osservare se stessi e quanto comunicato attraverso gli occhi di chi si ha attorno.

 

 

Noemi Servizio