QI o QE: che tipo di intelligenza è più importante?

cuorecervello

Nel libro “Intelligenza Emotiva” del 1996 Daniel Goleman, uno psicologo statunitense, afferma che il QE (Quoziente Emotivo) potrebbe in realtà essere più importante del QI (Quoziente Intellettivo).* Perché? Alcuni ricercatori ritengono che le misure standard di intelligenza (cioè il QI) sono troppo restrittive e non includono tutte le sfumature che compongono l’essere umano. Al contrario, la capacità di capire ed esprimere le emozioni è maggiormente predittiva, rispetto agli altri tipi di abilità, del modo in cui le persone se la caveranno nella vita.

Qual è la differenza tra QI e QE?

Cominciamo con la definizione dei due termini, al fine di comprendere cosa significano e come si differenziano. Il QI viene rappresentato da un numero derivato da alcuni test di intelligenza standardizzati. Nelle prove originali i punteggi vengono ottenuti dividendo l’età mentale di un individuo con la sua età cronologica e moltiplicando tale cifra per 100. Quindi, un ragazzo con un’età mentale di 15 anni e un’età cronologica di 10 avrebbe un QI di 150 (un QI di 100 indica che si è perfettamente in media, valori maggiori e minori rivelano un’intelligenza rispettivamente più alta e più bassa della norma). Oggi, i risultati sono calcolati confrontando il punteggio del soggetto con quelli di decine di altre persone appartenenti alla stessa fascia di età.

Il QE, invece, misura il grado di intelligenza emotiva di una persona. Si riferisce alle capacità di un individuo di percepire, controllare, valutare ed esprimere le emozioni. Studiosi come John Mayer, Peter Salovey (entrambi psicologi americani) e Daniel Goleman hanno contribuito a mettere in luce il costrutto d’intelligenza emotiva ora conosciuto e considerato anche nei settori dell’istruzione e della gestione aziendale.

Dal 1990 ai giorni nostri, l’intelligenza emotiva, da concetto semisconosciuto rintracciabile solo nelle riviste accademiche, è divenuto un termine universalmente noto. Infatti oggi è possibile acquistare giocattoli che promettono di contribuire allo sviluppo dell’intelligenza emotiva dei bambini o di iscrivere i ragazzi a dei corsi SEL (Social and Emotional Learning), progettati per insegnare le abilità che caratterizzano chi si contraddistingue per degli alti livelli di QE. In alcune scuole degli Stati Uniti, l’apprendimento sociale ed emotivo rappresenta un requisito che va inserito nel curriculum.

Il concetto di intelligenza emotiva ha avuto un forte impatto anche sul mondo organizzativo tanto che diverse società ora non solo utilizzano test QE nel processo di reclutamento del personale, ma propongono una formazione mirata su tali competenze alle proprie risorse. Alcune ricerche hanno poi mostrato come le persone con una forte tendenza alla leadership siano anche emotivamente più capaci, suggerendo la grande importanza che un elevato QE riveste per gli imprenditori e i manager.

L’intelligenza emotiva, constatata la sua influenza, può essere insegnata o consolidata? Secondo una meta-analisi che ha esaminato i risultati dei progetti di apprendimento sociale ed emotivo, la risposta a questa domanda non lascia spazio ad alcun dubbio. Infatti, dallo studio è emerso che circa il 50% dei ragazzi iscritti ai corsi SEL ha migliorato i propri risultati e quasi il 40% ha mostrato un incremento medio. Inoltre questi programmi sono correlati a dei bassi tassi di sospensione, ad una maggiore frequenza scolastica e al calo delle sanzioni disciplinari.

Qui di seguito riportiamo ulteriori testimonianze a sostegno della fondatezza e della rilevanza del costrutto d’intelligenza emotiva.

“Una compagnia nazionale di assicurazione ha scoperto che gli agenti di vendita deboli in competenze emotive, come la fiducia in se stessi, l’iniziativa e l’empatia, riuscivano a vendere polizze con un premio medio di 54 mila dollari. I colleghi, invece, che avevano conseguito degli alti punteggi nei test QE riuscivano a far firmare contratti il cui valore medio era di 114 mila dollari.” (Cooper, 2013)

“La ricerca effettuata dal Carnegie Institute of Technology dimostra che l’85% del successo finanziario è dovuto alla personalità, alle capacità di comunicare, negoziare e dirigere. Incredibilmente solo il 15% di suddetta riuscita è imputabile alla conoscenza tecnica. Inoltre, il premio Nobel Daniel Kahneman, psicologo israelo-americano, ha scoperto che gli individui preferiscono fare affari con gente che gradiscono e di cui si fidano, anche se la persona che risulta simpatica sta offrendo un prodotto o un servizio di qualità inferiore a un prezzo più alto.” (Jensen, 2012)

“Il solo QI non è sufficiente. Gli psicologi ritengono, infatti, che tra gli ingredienti per il successo il QI pesi per circa il 10% (nel migliore dei casi il 25%), mentre il resto viene determinato da altri fattori, QE incluso.” (Bressert, 2007)

Quindi non c’è da preoccuparsi se non si conseguono punteggi altissimi ai test che misurano il QI. Alla luce di quanto emerso, si dovrebbe contare sull’intelligenza emotiva che anzi andrebbe potenziata. Neanche ciò che fino a qualche anno fa era imputabile alla genetica o al caso può più servire come scusa: se si lavora per il successo, il successo arriverà.

 

 

Noemi Servizio

 

*Tratto da “IQ or EQ: Which One Is More Important?”, Kendra Cherry http://psychology.about.com/od/intelligence/fl/IQ-or-EQ-Which-One-Is-More-Important.htm