La verità sul famigerato 7% – 38% – 55% pt.2

Portrait of happy teenage friends sitting and chatting in cafe

Fermiamoci un attimo e ragioniamo:

  • avere una sola parola da dire non rappresenta la maggior parte delle interazioni comunicative con cui ci confrontiamo nella vita reale. La comunicazione è molto di più.
  • In qualsiasi ricerca scientifica degna di questo nome, 17 (le persone che ascoltavano il nastro) non rappresenta un numero statisticamente significativo, a meno che sulla terra non si abbiano solo 17 persone in grado di comunicare.
  • Nel disegno dello studio si chiede a 3 donne di simulare un atteggiamento verso qualcuno che non solo non era presente, ma che nemmeno esiste.

Andiamo avanti con lo studio:
Tre attrici (chissà se erano le stesse 3 “parlatrici” di prima o no) furono fotografate mentre usavano l’espressione facciale di apprezzamento (“…mi piace…”), neutralità, oppure rifiuto (“…non mi piace…”) verso un’altra persona. Le foto furono poi mostrate alle stesse 17 donne menzionate prima, proprio mentre venivano fatte ascoltare le registrazioni con la parola “forse” nei 3 diversi toni. Ad ogni “frase-e-immagine”, le 17 donne dovevano dire quale fosse l’atteggiamento di questa fantomatica parlatrice (che adesso aveva anche un volto) verso l’ascoltatore.

Lo studio dimostrò (!) che l’espressione del viso fu “valutata” come rilevante circa 3 volte contro le 2 volte del tono (il 50% in più). Se facciamo la proporzione troviamo riscontro con le percentuali 38 (paraverbale) e 55 (non verbale).

Il secondo studio del Prof. Mehrabian, intitolato “Decodifica di comunicazioni incoerenti” e pubblicato nel Journal of Personality and Social Psychology, 1967, Vol. 6, N° 1, intendeva confrontare tono di voce e contenuto verbale di una comunicazione in termini di congruenza.

Per la ricerca furono selezionate 9 parole: 3 con un’accezione positiva (“miele”, “grazie” e “caro”), 3 neutre (“forse”, “veramente” e “oh”) e 3 dall’accezione negativa (“non”, “brutale” e “terribile”).

Furono ingaggiate 2 donne (ma perché gli uomini in questi studi non vengono interpellati?) per leggere tutte le 9 parole con ciascuno dei 3 toni: positivo, neutrale e negativo nei confronti di un ascoltatore immaginario (ancora!).

Il tutto fu registrato e fatto ascoltare a 30 studenti dell’Università della California. A questi fu chiesto di giudicare l’atteggiamento della “parlatrice” nei confronti dell’ascoltatore immaginario.

  • Ad un terzo degli studenti fu chiesto di ignorare le informazioni inviate dal significato delle singole parole e di prestare attenzione solo al tono.
  • Ad un altro terzo fu chiesto di ignorare il tono e di prestare attenzione solo al significato delle singole parole.
  • All’ultimo terzo degli studenti fu chiesto di prestare attenzione sia al significato delle singole parole che al tono.

I risultati mostrarono che gli effetti indipendenti del tono sulle valutazioni che gli studenti davano circa la congruenza o l’incongruenza, erano maggiori di circa 5 volte rispetto agli effetti indipendenti delle parole.

Mettendo insieme i risultati dei due studi, ecco che abbiamo le percentuali ormai famose di 7% per il contenuto verbale, 38% per il paraverbale (benché nello studio si parlasse solo di “tono”) e 55% per il non verbale (benché nello studio si prendesse in considerazione solo l’espressione del viso).

Chi si occupa di scienza sa che mescolare i risultati di due diversi studi può essere fatto solo in circostanze in cui i parametri di partenza siano gli stessi; strettamente controllati e quindi confrontabili. Quindi se pensiamo ai valori di Mehrabian, ci troviamo di fronte ad una conclusione non scientificamente fondata, inaccurata e inappropriata.

 

 

Mario Maresca