Esercizi di ascolto pt.2

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Esercizio numero 2
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Avremo sicuramente notato che ci capita di entrare in una particolare sintonia con le persone che si esprimono in modo simile al nostro. Questo perché in loro riconosciamo una parte di noi? Alcuni studi hanno dimostrato che due persone che stanno vivendo uno scambio comunicativo soddisfacente, sperimentano un’inconsapevole sincronizzazione dei loro ritmi interni, sia a livello neurologico, sia a livello fisiologico (cuore, respiro, onde cerebrali,…).
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Lo stesso non accade con le persone che consideriamo, a torto o a ragione, difficili per noi. Allora, in queste situazioni proviamo a:
  • Rendere globalmente simile la nostra postura a quella di chi ci sta di fronte;
  • Considerare uno dei suoi ritmi comunicativi (battito di palpebre, respiro, gestualità, eloquio,…) e replicarlo con eleganza, in un momento leggermente successivo, senza scimmiottare.
  • Mantenere il contatto oculare, facendo oscillare i vostri occhi. Suggeriamo infatti di non mantenere lo sguardo fisso, né di guardare direttamente nelle pupille. Invece si consiglia di partire dal punto in mezzo agli occhi dell’altro, fino a poco sopra alla punta del suo naso.
Così facendo, cosa provate? Che cosa sentite dentro di voi? Riuscite a entrare meglio in relazione con l’altro? Vi sembra di capire qualcosa “oltre” alla semplice comprensione logica delle sue parole?
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L’insieme delle attività sopraelencate dovrebbe dare benefici alla relazione ed è molto probabile che si crei un clima personale più favorevole.
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Da specificare che questo esercizio è veramente votato solo all’ascolto. Chi legge queste righe e conosce la tecnica del Ricalco & Guida (usata da Rogers nella sua Terapia Centrata sul Paziente e poi ripresa a piene mani dalla Programmazione Neuro-Linguistica) riconoscerà qualcosa di molto simile alla fase di “ricalco”. Però la differenza è nell’obiettivo: qui s’intende entrare in relazione, affinare l’ascolto, comprendere e sentire l’altro più profondamente del normale. Non esiste nessun altro scopo che questo.
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Esercizio numero 3
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Ora si tratta di capire e attribuire un nome alle emozioni che sta vivendo l’altro. E ancora, capire quali altre possono essere state alla radice dell’argomento di cui state conversando.
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La codifica non verbale delle emozioni è una capacità innata negli esseri umani, anche se può essere affinata.
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Quindi:
  • Che emozioni vedete nell’altro di fronte a voi?
  • Potete dire di percepire qualcosa di simile alla paura, a un timore, una preoccupazione? E di che cosa, veramente? Quale minaccia percepita incombe?
  • Oppure vi sembra che ci sia l’energia della rabbia, del risentimento? Chi o cosa ostacola il raggiungimento di uno dei desideri dell’altra persona?
  • O ancora, vi sembra che ci sia la scarsa energia della tristezza, della malinconia? Che cosa sente di aver perso la persona che vi sta di fronte?
  • Meglio se vedeste la brillantezza della felicità, dell’appagamento e della tranquillità? Cosa ha ottenuto l’altro?
  • Come sono concatenate tra loro le emozioni dell’altra persona?

Esercizio numero 4

Avete sicuramente sentito parlate di “Riformulazione”. Consiste nel riepilogare il concetto espresso dall’altro, però evitando di ripetere le sue parole. Quindi, ogni tanto nel corso della discussione, introducete una riformulazione, iniziando con un: “Fammi controllare se fino a qui ho capito veramente …” Valgono anche altre formule simili che facciano apprezzare all’altro che state per riformulare.

La riformulazione ha vari scopi: sicuramente serve per testimoniare l’interesse che riserviamo all’altro. Questo rientra nel tema della valorizzazione della persona e conferma un ambiente di fiducia.

La riformulazione serve anche ad assicurarci che abbiamo capito le parole dell’altro e i significati più profondi dietro di esse.

Conclusioni

Ora abbiamo alcune buone opportunità per fare pratica. Non abbiamo scuse se non l’onesta presa d’atto che, in fondo, non ci va veramente di farlo.

Non dico sia facile aprirsi agli altri, né bisogna farlo sempre. Però pensiamo a noi stessi: ci sarà sicuramente successo di sentirci poco ascoltati e considerati. E allora? Siamo così vendicativi da restituire occhio per occhio, dente per dente? Se non ci prendiamo la responsabilità di cambiare qualcosa, noi per primi, rischiamo di aspettare per sempre che gli altri lo facciano. Una frase terribile, di un autore anonimo, ogni tanto mi ritorna in mente. Dice più o meno così: “Se veramente tiene a me, allora farà qualcosa – pensarono entrambi”. Ecco, pensiamo se vogliamo veramente trovarci in queste condizioni.

Buon esercizio a tutti!

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Mario Maresca