Cervelli a fette, cuori interi

Fare, non solo studiare; Integrare, non separare

Il nostro cervello è un organo meraviglioso. Ci ha permesso di raggiungere risultati incredibili, che altre specie animali non hanno nemmeno sfiorato.

Si dice che abbia una capacità di calcolo di un milione di processi in un solo secondo. Ogni secondo. E su molti di questi non riusciamo ad avere un’idea in cosa consistano veramente.

Nel febbraio 2013 l’ex Presidente Barack Obama ha iniziato a supportare in maniera decisa il Brain Activity Map, una ricerca per mappare definitivamente e completamente le aree cerebrali e le attività su cui hanno influenza.

Eppure, nonostante tutto quanto scritto sopra, manca (e temo mancherà ancora in futuro) quel “quid” che ci permette di comprendere totalmente e profondamente i nostri processi mentali e come riusciamo ad essere più o meno intelligenti, più o meno efficaci.

Sezionare a fettine il cervello di Einstein e studiarlo minuziosamente non renderà nessuno più capace e nemmeno più intelligente. Ci permetterà solo di acquisire conoscenza (equivalente del “sapere”) e non di ottenere competenza (equivalente del “saper fare”).

Obiettivo ancora più ambizioso è raggiungere il “saper essere”: non ci sarà nessun altro Einstein, per disgrazia o per fortuna decidetelo voi. Ma ci sono tanti “noi stessi” che sanno fare cose in maniera eccellente e questo è il patrimonio su cui contare. Lo fanno grazie alla parte razionale-cognitiva e lo fanno con la parte che credo (non solo io, ma altri esperti anche…) sia di gran lunga la più consistente e inesplorata: la parte emotiva.

Lo scopo di queste righe è di spingere al fare, non solo al conoscere. Bisogna sperimentare, con testa e cuore, trasformare grazie a questo la nostra realtà individuale e sociale, esporsi a nuove sfide, guardare in faccia l’ignoto e farlo diventare noto il più possibile. Per far questo è necessario conoscere e “vivere” la conoscenza mediante le emozioni. In fondo è quello che hanno fatto i grandi geni del passato e del presente. Studiare non basta, bisogna applicare e riflettere sui ritorni che otteniamo dalle nostre azioni. Tutto questo, in un ciclo potenzialmente infinito e virtuoso in cui si possa veramente crescere, come persone, ancor prima che come studiosi. Perché un cervello capace serve a poco, se non esiste un cuore capace.

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Mario Maresca